“S’innesca la luce” è il racconto accorato di una crisi profonda risolta con tenacia. Lo sconforto della Tosoni pervade la vita della protagonista, intrappolata da scelte sbagliate e decisioni da prendere che non possono più aspettare.
È una lirica fatta di tanti dubbi e poche certezze quella della Tosoni, una lirica personale e vissuta che dimostra l’estremo bisogno di guardarsi dentro, di fare chiarezza e di lasciare che la luce faccia capolino portando via i momenti più difficili. L’autrice sembra insomma concepire la poesia come estrema forma di autoanalisi, spinta più dalla necessità di capire se stessa che da quella di farsi capire. Nulla di male in tutto ciò, praticamente tutti i poeti e gli scrittori hanno cominciato parlando a se stessi per poi imparare a parlare agli altri o per scoprire che inconsciamente lo stavano già facendo. È importante però fare un ulteriore passo in avanti, in modo da rendere un’esperienza così personale significativa anche per un lettore. Rendere insomma universali sentimenti che qui restano invece privati. “Occhi di mandorle”, invece, segna il punto di svolta nel verseggiare della Tosoni, che smette di essere chiusa in sé per aprirsi a un simbolico “altro” e a una scrittura libera, poco sorvegliata e non troppo preoccupata di chiarire i contorni della situazione che si racconta, mostrandosi consapevole che il segreto di un verseggiare convincente sta nella capacità di amministrare informazione e astrazione, avendo il coraggio di non dire o accennare soltanto. Di “avvicinare la poesia con molta spontaneità”, per dirla con Andrea Zanzotto, “lasciarsi prendere dal piacere di certe dolcezze foniche” e traslare il proprio vissuto tramite “gli impulsi sotterranei” e “gli artifici, retorici o ritmici” che alimentano una suggestione. Questo aiuta a rendere accessibile lo scritto non solo al proprio interlocutore ideale ma anche a un lettore qualunque che viene coinvolto facendo appello all’universale autenticità insita persino nelle più intime circostanze.
“Occhi di mandorle”, insomma, non è più solo un momento di autoreferenzialità ma di vera condivisione.
(Recensione rivista letteraria internazionale Storie All Write, casa editrice Leconte)
S’innesca la luce
Ho lasciato che la sofferenza prendesse il sopravvento nella mia vita.
E per paura di ricadere nel dolore, ho preferito diventare passiva e senza creatività.
Lasciando correre via la vita, la speranza, l’esperienza.
Allontanare le persone e riempire le giornate con noia.
Inventando sogni per crescere mura di vita falsa.
Vedendo anime per finta. Togliendomi gioia, sorrisi e purezza …
Volevo liberare l’anima mia per renderla più forte, più nuova,
ma l’unica cosa che ho realmente fatto è di averla nascosta,
di averla sacrificata nel profondo,
perdendo anch’io, alla fine, la mia visione su di essa.
Ora le lacrime non riescono più a toccarmi. E quello che mi crea più disagio è la mia fragilità
e la mia debolezza.
La rabbia inizia a dare voce alla sua crudeltà,
perché stufa della sua repressione.
Lo sfogo, addolorato dalla mia stupida ingenuità, inizia ad essere stanco.
Gli anni passano e io non voglio neanche alzarmi più.
Dove sono?
Che fine ho fatto?
E perché mi rendo sempre conto delle mie idee dopo?
Molto dopo …
Quando tutti gli altri si sono presi anche le mie più celate meraviglie.
Oramai sono diventata brava solo nel racchiudere sogni, parole, carezze nel più inespresso ardimento.
I muscoli non riescono a contrarsi.
La lotta è stufa di darmi spiegazioni.
La debolezza cerca di svegliarmi per rendermi più potente
e io la guardo con occhi esasperati e le dico:<< che c’è? >>
Con una smorfia leggera, mi alzo con fatica e finalmente la inizio a seguire ...
Tra le incrinature s’innesca la luce.
Poi ferma.
Luce ferma.
Mi sta aspettando.
(S’innesca la luce, Intrappolati nei miei pensieri, Ed. Chillemi, 2014).
Occhi di mandorle
Si esauriscono, lenti, i fili connettori
della mia infanzia, della mia puerizia,
del mio io interiore.
La luce è spenta in te,
mia sorella.
La cicatrice svanisce,
ma il segno
rimarrà.
Vorrei averti donato
gli ultimi respiri soavi.
Lontane sono le corse,
le grida di richiamo,
le curve del labbro,
le righe sulle guance
o il volo delle parole.
Perdute sono la fiducia,
la fedeltà profonda
o la lettura dell’animo con il tuo solo sguardo.
Verrò a orazione
sulla zolla di terra
per ritrovarti,
per ritrovare il vero valore: la complicità.
(Occhi di mandorle, Intrappolati nei miei pensieri, Ed. Chillemi, 2014).
È una lirica fatta di tanti dubbi e poche certezze quella della Tosoni, una lirica personale e vissuta che dimostra l’estremo bisogno di guardarsi dentro, di fare chiarezza e di lasciare che la luce faccia capolino portando via i momenti più difficili. L’autrice sembra insomma concepire la poesia come estrema forma di autoanalisi, spinta più dalla necessità di capire se stessa che da quella di farsi capire. Nulla di male in tutto ciò, praticamente tutti i poeti e gli scrittori hanno cominciato parlando a se stessi per poi imparare a parlare agli altri o per scoprire che inconsciamente lo stavano già facendo. È importante però fare un ulteriore passo in avanti, in modo da rendere un’esperienza così personale significativa anche per un lettore. Rendere insomma universali sentimenti che qui restano invece privati. “Occhi di mandorle”, invece, segna il punto di svolta nel verseggiare della Tosoni, che smette di essere chiusa in sé per aprirsi a un simbolico “altro” e a una scrittura libera, poco sorvegliata e non troppo preoccupata di chiarire i contorni della situazione che si racconta, mostrandosi consapevole che il segreto di un verseggiare convincente sta nella capacità di amministrare informazione e astrazione, avendo il coraggio di non dire o accennare soltanto. Di “avvicinare la poesia con molta spontaneità”, per dirla con Andrea Zanzotto, “lasciarsi prendere dal piacere di certe dolcezze foniche” e traslare il proprio vissuto tramite “gli impulsi sotterranei” e “gli artifici, retorici o ritmici” che alimentano una suggestione. Questo aiuta a rendere accessibile lo scritto non solo al proprio interlocutore ideale ma anche a un lettore qualunque che viene coinvolto facendo appello all’universale autenticità insita persino nelle più intime circostanze.
“Occhi di mandorle”, insomma, non è più solo un momento di autoreferenzialità ma di vera condivisione.
(Recensione rivista letteraria internazionale Storie All Write, casa editrice Leconte)
S’innesca la luce
Ho lasciato che la sofferenza prendesse il sopravvento nella mia vita.
E per paura di ricadere nel dolore, ho preferito diventare passiva e senza creatività.
Lasciando correre via la vita, la speranza, l’esperienza.
Allontanare le persone e riempire le giornate con noia.
Inventando sogni per crescere mura di vita falsa.
Vedendo anime per finta. Togliendomi gioia, sorrisi e purezza …
Volevo liberare l’anima mia per renderla più forte, più nuova,
ma l’unica cosa che ho realmente fatto è di averla nascosta,
di averla sacrificata nel profondo,
perdendo anch’io, alla fine, la mia visione su di essa.
Ora le lacrime non riescono più a toccarmi. E quello che mi crea più disagio è la mia fragilità
e la mia debolezza.
La rabbia inizia a dare voce alla sua crudeltà,
perché stufa della sua repressione.
Lo sfogo, addolorato dalla mia stupida ingenuità, inizia ad essere stanco.
Gli anni passano e io non voglio neanche alzarmi più.
Dove sono?
Che fine ho fatto?
E perché mi rendo sempre conto delle mie idee dopo?
Molto dopo …
Quando tutti gli altri si sono presi anche le mie più celate meraviglie.
Oramai sono diventata brava solo nel racchiudere sogni, parole, carezze nel più inespresso ardimento.
I muscoli non riescono a contrarsi.
La lotta è stufa di darmi spiegazioni.
La debolezza cerca di svegliarmi per rendermi più potente
e io la guardo con occhi esasperati e le dico:<< che c’è? >>
Con una smorfia leggera, mi alzo con fatica e finalmente la inizio a seguire ...
Tra le incrinature s’innesca la luce.
Poi ferma.
Luce ferma.
Mi sta aspettando.
(S’innesca la luce, Intrappolati nei miei pensieri, Ed. Chillemi, 2014).
Occhi di mandorle
Si esauriscono, lenti, i fili connettori
della mia infanzia, della mia puerizia,
del mio io interiore.
La luce è spenta in te,
mia sorella.
La cicatrice svanisce,
ma il segno
rimarrà.
Vorrei averti donato
gli ultimi respiri soavi.
Lontane sono le corse,
le grida di richiamo,
le curve del labbro,
le righe sulle guance
o il volo delle parole.
Perdute sono la fiducia,
la fedeltà profonda
o la lettura dell’animo con il tuo solo sguardo.
Verrò a orazione
sulla zolla di terra
per ritrovarti,
per ritrovare il vero valore: la complicità.
(Occhi di mandorle, Intrappolati nei miei pensieri, Ed. Chillemi, 2014).